Romano
Girello lo conobbi più di
tent’anni fa.
Già allora era un tipo ben
bizzarro...
Saliva sul tetto della vecchia
casa davanti al Municipio e lì in calzoni corti
prendeva il
sole. Per asciugare i suoi polmoni malati.
Sua mamma scuoteva il capo disperata ed io lo minacciavo:
“Guarda che se non scendi non vengo più!..”
Romano
è sempre stato di un altro pianeta…
Durante la mia quarantennale carriera – diciamo così – di
interessato
alla musica non credo di
avere mai trovato un musicista più in gamba di lui.
La
prima volta che lo sentii suonare credevo
mi prendesse n giro…
“Questo si inventa le cose …” mi dicevo. Invece no.
Il
suo strumento era un
clavicembalo completamente
scordato… E ci suonava Bach o Czerny,
Berg oppure Wolf-Ferrari
indifferentemente… A prima vista.
E poi ti spiegava : “ Vedi qui?
Qui ha preso
da Ravel… Senti questo passaggio e - giù con le sue manone - ,
mi
segui..?”
Una
volta ho visto degli spartiti con i simboli molto grandi e mi dissi:
“Che strani ‘sti fogli...”
Era lui, che
per leggere meglio, trascriveva a volte
interi pezzi sulla carta del
pane…
Sembravano stampati.
Un
giorno qualcuno gli lasciò una chitarra e lui ci mise le mani sopra.
Quattro
corde. Dopo qualche settimana ci
suonava qualsiasi cosa.
Poi
con la mamma era tornato all’ abitazione di famiglia in Via Pignari.
Per
poi rimanere solo.
Imperturbabile
come sempre. Un po’ egoista, un po’
maniacale, un
po’ bestiolina…
Non
l’ho mai sentito dire una
parola cattiva contro chicchessia.
Ogni
tanto passavo a trovarlo e lui riprendeva a parlare come se il dialogo di
due mesi prima non si fosse mai interrotto.
La
sua cultura, non solo
musicale , era immensa .
Mi
mancherà Romano, molto.
Franco Bongiovanni
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