Un
crampo, sì, era proprio un crampo che aveva cominciato a contrargli
l’addome.
Certo, pensava di poter nuotare ancora più in là.
Però, arrivato a circa un chilometro dalla riva, l’addome aveva
cominciato a contrarsi per gli spasimi.
All’inizio,
appena sentito il dolore allo stomaco, aveva pensato che continuando a
muoversi sarebbe passato.
Ma l’addome si era indurito ancora e lui non era riuscito più a
proseguire; palpandosi il ventre aveva sentito a destra un punto
duro.
Era
chiaro che i muscoli addominali si erano irrigiditi a causa dell’acqua
fredda. Forse non aveva fatto abbastanza esercizi preparatori prima di
tuffarsi.
Dopo
cena, dal piccolo edificio bianco dell’ostello, era venuto soltanto lui
su quella spiaggetta marina.
Era già autunno inoltrato, si era levato il vento, e verso
sera era poca la
gente che andava a fare il bagno.
Preferivano
stare a chiacchierare, a giocare a carte.
Di tutti i ragazzi che
riempivano la spiaggia in pieno giorno, ne restavano solo cinque o sei che
giocavano a pallavolo, una ragazza con un costume da bagno rosso, gli
altri erano tutti ragazzi, con i calzoncini da bagno ancora grondanti.
Erano appena usciti dall’acqua, forse non sopportavano il freddo
autunnale.
In quel tratto di mare nessuno era in acqua.
Si era tuffato
all’improvviso, senza guardarsi dietro.
Sperava forse che la ragazza lo
seguisse con gli occhi. Ora non riusciva già più a vederli.
Girò la
testa verso la luce, il sole stava calando tra i monti, scomparendo
proprio
dietro la collina dove si trovava il belvedere sul mare della Casa di
riposo.
Gli ultimi bagliori del tramonto erano accecanti.
Il belvedere in
cima alla collina, il profilo indistinto degli alberi lungo la riva,
l’edificio a più piani della Casa di riposo che somigliava a una
nave: i raggi del sole che toccavano radenti la superficie dell’acqua
increspata
rendevano tutto indistinto.
Stavano ancora
giocando a pallavolo?
Si
teneva a galla battendo i piedi.
Intorno,
sulla superficie del mare verde scuro, bianchi ciuffi di schiuma e
sciabordio di onde, non c’era neppure un peschereccio al lavoro.
Si voltò
e si lasciò portare dalla corrente: più al largo, in mezzo alle onde
cupe, si vedeva un punto nero, lontano.
Lui affondava negli avvallamenti
tra i flutti, e non vedeva più l’orizzonte, l’acqua che si incurvava
era di un nero terribile, più lucida della seta.
La contrazione
dell’addome continuava ad aggravarsi.
Stendendosi sul dorso si lasciò
galleggiare sul pelo dell’acqua, e mentre con la destra si massaggiava
il punto indurito il dolore si attenuò.
Sopra, in cielo, c’era una
nuvola che somigliava a un bioccolo di lana, il vento lassù soffiava
certo più forte.
Seguendo
il flusso delle onde venne prima portato in alto e poi risucchiato verso
il basso, ma galleggiare in questo modo non era una soluzione.
Doveva
darsi da fare e nuotare verso riva. Si girò di nuovo, e batté con forza
le gambe per cercare di contrastare la corrente e acquistare velocità.
Ma
il dolore all’addome, che si era leggermente attenuato, cominciò di
nuovo a farsi sentire con una fitta così rapida che tutta la parte destra
della pancia sembrò irrigidirsi, e all’improvviso il mare lo sommerse
del tutto.
Vide solo il verde scuro dell’acqua, limpida e calma a parte
il rapido filo di bollicine provocate dal suo respiro, tirò di nuovo la
testa fuori dall’acqua, e strinse le palpebre per togliere via l’acqua
tra le ciglia.
E ancora non riusciva a vedere la costa.
Il
sole era ormai
scomparso e il cielo sopra la collina risplendeva di colori rosati.
Chissà
se i ragazzi stavano ancora giocando a pallavolo?
E lei, la ragazza,
quella con il costume da bagno
rosso.
Ed eccolo di nuovo sott’acqua, con il ventre contratto dal dolore.
Con
molto sforzo riuscì ad allungare un paio di bracciate, ma prendendo fiato
aveva inghiottito anche dell’acqua salata, e al primo colpo di tosse
sentì come un ago che gli perforava la pancia.
Dovette nuovamente
distendersi sul dorso, a braccia e gambe larghe.
Solo così riuscì a
rilassarsi, e il dolore si attenuò subito. Il cielo sopra la sua testa si
era fatto scuro.
Forse stavano ancora giocando a pallavolo?
Dipendeva
tutto da loro, forse la ragazza col costume rosso lo aveva visto tuffarsi
in acqua?
Magari ora stavano proprio guardando il mare.
E quel punto nero
dietro di lui, sul pelo dell’acqua, forse era una piccola imbarcazione,
oppure un galleggiante che aveva strappato gli ormeggi?
Ma qualcuno vi
avrebbe mai fatto caso?
Allora doveva proprio contare solo su se stesso.
Poteva mettersi a urlare, ma a udire il monotono, instancabile
sciabordio delle onde, si sentì solo più che mai.
Per un po’ ondeggiò,
ma riuscì in fretta a stabilizzarsi. Ed ecco arrivare all’improvviso
una corrente gelida, insopportabile, che gli attraversò tutto il corpo, e
lo trascinò via senza che lui se ne accorgesse.
Allora si girò di
fianco, e mentre con la sinistra dava qualche bracciata, con la destra si
teneva la pancia; come rimise in moto le gambe continuò a massaggiarsi, e
pur avendo ancora dolore vide che riusciva a sopportano.
Comprese allora
che
doveva
contare solo sulla forza delle gambe per poter uscire fuori dalla corrente
gelata.
Doveva riuscire a sopportare persino l’insopportabile, era
l’unico modo per salvarsi.
Ma anche a non voler drammatizzare, la situazione
era che comunque aveva il ventre in pieno spasimo, e si trovava in acque
profonde a circa un chilometro dalla costa.
Anzi, non sapeva nemmeno più
se era ancora quella la distanza ma, vincendo gradualmente la corrente
fredda proprio grazie alla forza delle gambe, si accorse che stava
galleggiando lungo costa.
Doveva uscirne fuori, altrimenti nel giro di un
attimo poteva diventare come quel puntino nero tra le onde che si era
ormai perso nelle profondità del mare scuro.
E doveva continuare a sopportare
il dolore, mantenere la calma, battere con forza le gambe, non doveva
lasciarsi andare ma neppure agitarsi, doveva coordinare le gambe, la
respirazione, il massaggio.
Non doveva pensare ad altro, né farsi
prendere dal panico, il sole era calato in fretta, e la superficie del
mare si faceva sempre più buia e lui non riusciva a vedere le luci
della costa.
Anche la costa appariva ormai indistinta, e anche il profilo
della collina... Aveva urtato qualcosa!
Si mise in agitazione, e il basso
ventre riprese a contrarsi tra gli spasimi.
Delicatamente mosse la gamba,
la caviglia in fiamme: aveva toccato i tentacoli di una medusa.
Effettivamente
aveva visto nell’acqua una massa grigiastra che
sembrava
un ombrello aperto, bordato di fluttuanti membrane filamentose.
Era
perfettamente in grado di disegnarne una, tracciandone persino le
aperture dei tentacoli.
Proprio in quei giorni, seguendo i ragazzini del
luogo, si era messo ad acchiappare meduse per metterle sotto sale.
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