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Cristina De Stefano

CRISTINA CAMPO
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schiva reticente umbratile solitaria, Vittoria Guerrini alias Cristina Campo è tra le figure più defilate della letteratura novecentesca. 
Anche tra le più attraenti: per il senso della spiritualità, per l'intensità con cui coltivò amicizie stellari (Silone, Alvaro, Bernhart...) legami epistolari, amori fatali (Elémire Zolla...), per la Scrittura lirica e immaginifica.

 

 

 

 

Cristina De Stefano  ne ha esplorato la biografia, che ha raccontato nel già fortunato Belinda e il mostro (Adelphi, pp. 214, € 16,50).

 

 

 

 

- La biografata è irresistibile: come ti ha sedotta?
"È accaduto nel 1987. Avevo 20 anni. Lessi allora per la prima volta Gli imperdonabili. Il saggio Una rosa, commento alla fiaba Belinda e il mostro, mi fece l'effetto di un colpo di fulmine. Mi impressionò la novità delle cose che scriveva e il modo in cui ne scriveva".

- Poi è nato il desiderio di conoscere la donna celata dietro quella scrittura...
"Subito mi sono sentita stuzzicata a cercare informazioni sull'autrice. Mi sorprese la quasi totale mancanza di notizie. Cristina Campo è una delle grandi invisibili del Novecento".

- C'è una splendente monografia di Monica Fanietti, che menzioni tra i ringraziamentL.
"Quando l'ho letta, nel 1996, ho concepito l'idea
della biografia. Monica è la madrina del mio libro".

- La Campo, dalla vita segreta, era al centro di una rete fittissima di relazioni.
"È stata la parte più bella del lavoro. Ho agito come un detective. Non tutti i suoi conoscenti sono stati collaborativi: qualcuno era geloso dell'antica amica, temeva di violarne il ricordo".

- Di lei, traduttrice e lettrice infaticabile, non andavano trascurate le letture...
""Una biografia della Guerrini dovrebbe essere prima di tutto una storia delle sue letture", diceva una persona che le fu amica".

- Cristina, da sempre sofferente, muore nel 1977, a 54 anni: troppo presto?
"Si, la sua è una vita troncata, e l'opera incompiuta. Dal 1965, dopo la conversione al cattolicesimo, aveva
avviato una fase creativa assolutamente nuova".

- E il mostro cui la affianchi nel titolo chi è?
"È un enigma, è il dolore, la malattia, l'arcano o Dio stesso. È una cifra misteriosa, volutamente ripresa da una fiaba: Cristina pensava che la narrazione fantastica fosse una forma del destino".

ALESSANDRA IADICICCO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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