(…)
Mohamed Moutadjer era un uomo di sessant'anni. Due dei suoi figli erano
terroristi attivamente ricercati.
Dopo averlo torturato, il maggiore Ben Amhmed, comandante del mio
reggimento, lo ha trascinato nel cortile e ha... urinato su di lui
davanti a tutti ripetendo: "Chiama quei cani dei tuoi figli, che
vengano in tuo aiuto, adesso!".
Dopo questa scena barbara, lui ed altri due soldati
hanno sparato una raffica sul vecchio. Il suo cadavere è stato lasciato
insepolto.
Tutti gli altri sono stati ugualmente assassinati,
dopo essere stati torturati, alcuni per molti giorni.
In otto sono stati sgozzati e gettati in un campo.
Due cadaveri nudi sono stati gettati accanto alla stazione; altri cinque
sono stati lasciati sulla riva dell' oued Isser.
Due prigionieri, un ragazzo di quindici anni e un
uomo di circa trentacinque anni, sono stati bruciati vivi. Non
dimenticherò mai questa scena.
Oltre a me erano presenti i tenenti Abdelhak e
Ramdane del Centro militare d'investigazione e i tenenti Bouziane,
Chemseddine e Boukachabia del 25° Reggimento di ricognizione.
Davanti a tutti il tenente Chemseddine aveva fatto mettere in ginocchio
i due prigionieri e li aveva cosparsi di A72, un liquido altamente
infiammabile utilizzato come carburante per alcuni mezzi blindati.
"No, non lo farà!" continuavo a ripetere
a uno dei miei colleghi. Il ragazzino supplicava, piangeva sotto lo
sguardo sprezzante dei militari che lo circondavano.
Il tenente ha acceso un pezzo di plastica e lo ha
gettato sugli indumenti dell'infelice, che si è subito trasformato in
una torcia umana.
Le sue urla di dolore, una cosa da resuscitare i
morti, sono state interrotte da una raffica sparata a bruciapelo. Il suo
compagno, che aveva assistito alla scena, era ammutolito per il
terrore.
Pochi minuti dopo avrebbe subito la stessa sorte.
(…)
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